lunedì 18 giugno 2012

Incontro con le scuole di Modena

Incontro con le scuole Selmi, Cattaneo e Deledda pewr parlare di Nobel alle donne africane e letteratura africana.... con Kossi Komla Ebry, Kindi Taila, Patrizia Comitardi, Zighereda Tesfamariam



domenica 10 aprile 2011

Fuori è giorno

Da quindici anni è portavoce in Italia della battaglia del popolo Ogoni, in Nigeria. La sua voce di denuncia si scontra con i grandi interessi delle compagnie petrolifere. Sembra una battaglia impari, ma Bridget ha un’arma non convenzionale: la determinazione


di CHIARA MILANO



«Noi in Nigeria non abbiamo la luce elettrica, e qui siamo in una sala bellissima, con l’aria condizionata, piena di affreschi, e con dei lampadari, stupendi, accesi. Ma fuori è giorno».
Bridget Yorgure, in quella lontana giornata di settembre (2005), a Venezia, si era guardata attorno, mentre pronunciava, quasi con tono di sfida, queste parole ai componenti del Consiglio provinciale, riuniti in seduta straordinaria. Voleva da subito sottolineare lo spreco che il nostro benessere non ci fa più vedere.
È una donna coraggiosa, Bridget. Nata e vissuta in Nigeria, risiede e lavora da quindici anni in Italia. E, nel nostro Paese, oltre al lavoro di operatrice sociale, ha fondato la Nigerian Cultural Women Promotion e dal 1995 rappresenta il Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni. Un’importante eredità, quest'ultima, che la vede testimone di Ken Saro-Wiwa, il noto scrittore e insegnante universitario nigeriano che, prima di essere condannato a morte per aver denunciato la compagnia petrolifera Shell e il suo continuo sfruttamento e deturpamento delle terre per l'estrazione del petrolio, ha voluto la nascita di questo Movimento che si oppone al degrado del territorio vicino al Delta del Niger, la patria degli Ogoni.
«La popolazione abitante viene costantemente avvelenata dall'inquinamento degli impianti industriali, con un impatto disastroso sull'ambiente e la responsabilità della continua emigrazione dei locali. L’Africa è un continente estremamente ricco di risorse e materie prime, ma è reso povero dai Paesi che lo sfruttano e che derubano le nostre ricchezze ­– afferma Bridget, descrivendo situazioni tragiche, al limite dell'umano, in cui si trovano a vivere donne che da anni partoriscono dei “mostri”, perché l’acqua che bevono deve essere “scremata” dal petrolio che la ricopre in superficie.
Gli Ogoni stanno ancora aspettano un riconoscimento, sia su base nazionale che internazionale, dei loro diritti riguardo all’ambiente e all’economia. Con mezzi non violenti e l’autodeterminazione, questa popolazione cerca di rivendicare quel che gli spetta, opponendosi alla distruzione dell’ecosistema Delta. Una distruzione dovuta alle multinazionali, tra cui anche le italiane Agip ed Eni, insediate in Nigeria per prelevare risorse e continuare a garantire all'Europa e al resto del mondo benestante quello stile e quella qualità della vita che per noi è diventata irrinunciabile. Sicuramente i governi africani, quello nigeriano in prima linea, ottengono un notevole guadagno dal commercio del petrolio, se pensiamo che questo costituisce l'80% delle entrate e diventa quindi responsabile dell'intera economia del Paese. Ma è proprio il Delta del Niger a fornire il 90% dell'oro nero esportato.
A questo punto Bridget Yorgure si fa portavoce di un cambiamento che è diventato ormai vitale, non solo per gli Ogoni: «C’è bisogno che i nostri governi europei riflettano sull’uso del petrolio, sul sistema dei trasporti, sull’energia. Finora nessun governo Ue ha approvato alcun decreto che obblighi le persone a lasciare in garage l’automobile se non percorre almeno 2 chilometri di distanza. Questa è la distanza che percorriamo in Africa abitualmente a piedi, ogni giorno».